STORIA DEL PARQUET: IL NOVECENTO E L’INDUSTRIALIZZAZIONE
In Francia, il XIX secolo ha visto nascere una nuova tecnica di fissaggio e posa dal parquet a base di bitume, materiale di sigillatura impiegato soprattutto nei piani terra di ambienti particolarmente umidi. Il bitume – derivato dal petrolio – si presentava sotto forma di panetti da 22 chili da fondere con il 5% di pece di carbone: l’operazione aveva luogo direttamente sui cantieri. I parquettisti, come prima cosa, dovevano fare scaldare il bitume con una fiamma alimentata dalla legna, prima, dal gas, poi. Mescolavano il bitume alla pece di carbone e lasciavano che i due materiali si fondessero: l’operazione richiedeva 2/3 ore. Prima che il composto cominciasse a bollire, i parquettisti lo spargevano direttamente sulla terra battuta o su uno strato di sabbia bagnata. Un procedimento decisamente pericoloso, abbandonato nella seconda metà del Novecento: da un lato, per gli aspetti poco salubri di questo metodo (pericoloso soprattutto per i polmoni degli operai); dall’altro per l’alto rischio di ustioni legato al maneggiare un composto rovente.
IL PASSAGGIO AL LAVORO MECCANICO E I LISTONI IMPERFETTI
Il passaggio al lavoro meccanico ha segnato l’inizio della massiccia diffusione del parquet: come per la scomparsa del bitume, siamo nella seconda metà del Novecento. L’energia alle prime segherie è fornita da macchine a vapore che “gestiscono” strumenti ancora imprecisi e rudimentali. La produzione dei listoni dei parquet, a quel tempo, non è che un’attività collaterale delle segherie. Ogni segheria realizza listoni unici, diversi dalle altre segherie: poco precisi, troppo grandi o troppo piccoli, di spessore variabile, che spesso devono essere rifiniti a mano al momento della posa.
L’INDUSTRIALIZZAZIONE DEL PARQUET E LA DIFFUSIONE DELLA POSA A PUNTO D’UNGHERIA
La vera industrializzazione del parquet comincia intorno al 1920 con la realizzazione della rete elettrica. Questo step coincise con l’invenzione di strumenti per la grande produzione, che resero il taglio dei listoni sempre più preciso. Il parquet a spina ungherese, detta anche posa “a punto d’Ungheria”, era il più diffuso. Questa tipologia è caratterizzata dal “taglio delle teste” dei listelli da 45° (in questo caso viene anche definita posa a spina francese, ed è esattamente quella presente a Versailles) a 60° e quindi richiede una manodopera più impegnata e minuziosa. I listelli ottenuti dopo il taglio sono posizionati testa contro testa ad angolo retto e in corrispondenza della congiunzione degli elementi si formano delle linee continue che donano maggiore direzionalità rispetto alla spina di pesce semplice.
L’ARMONIZZAZIONE DEI LISTONI E LE PRIME NORME DEL SETTORE
La produzione e la distribuzione del parquet, in quegli anni, avvenivano senza norme che ne regolamentassero la gestione. Qualcosa cominciò a cambiare nella Francia della prima metà del XX° secolo quando dalla collaborazione tra la Camera sindacale parigina di falegnameria e parquet e il Conservatorio delle arti e dei mestieri nacque una prima proposta per normare mercato e concorrenza, oltre che per uniformare i tagli, le dimensioni e lo spessore dei listoni. In Francia, una vera e propria armonizzazione prenderà corpo solo nel 1951, con la condivisione delle prime norme di fabbricazione e l’omogeneizzazione delle caratteristiche dei listoni.