La guerra in Ucraina rischia di fermare le fabbriche di parquet
L’invasione russa ha già innescato una serie di conseguenze per il mercato internazionale del legno e per l’industria del parquet. La guerra in Ucraina, infatti, coinvolge tre tra i più grandi paesi produttori ed esportatori di legno e dei suoi derivati: Russia e Ucraina, appunto, ma anche la Bielorussia.
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C’è già carenza di legno di betulla per il parquet multistrato
Come avevamo già avuto modo di accennare nell’articolo in cui parlavamo del parquet in betulla, questa pianta che cresce principalmente nei paesi nordici e nei climi freddi è importantissima per il parquet multistrato (o prefinito). Si tratta di un prodotto realizzato con listelli di legno nobile applicato a supporti in legno povero. Quest’ultimo può essere composto da abete, pioppo, frassino o pino, ma il più utilizzato è indubbiamente il cosiddetto multistrato fenolico di betulla, che rispetto agli altri ha le caratteristiche migliori per fare da supporto.
Il problema è che il nostro paese non è neanche lontanamente autosufficiente per quanto riguarda la produzione di questo materiale. Il legno di betulla, infatti, sia quello impiegato per i pavimenti che per gli arredi, viene perlopiù importato dalle regioni oggi coinvolte nel conflitto. Ecco quindi che la guerra, e soprattutto le sanzioni intraprese da parte della comunità internazionale — tra cui l’Italia —, hanno di fatto bloccato le importazioni, andando a colpire duramente l’industria del mobile e quella del parquet.
«Il materiale ci arriva centellinato, o quasi nullo» ha spiegato Renza Altoè Garbelotto al Quotidiano Nazionale. Garbelotto è consigliere incaricato del Gruppo Pavimenti di Edilegno/Federlegno Arredo. «La situazione è molto tragica» aggiunge. «Tutto il nostro settore è in crisi in quanto la maggior parte, il 90%, dei nostri pavimenti vengono eseguiti con del materiale di supporto che arrivano appunto dalla Russia e dalla Bielorussia».
Secondo i dati, nel 2021 il consumo di parquet nel nostro paese si è attestato intorno a circa 8 milioni di mq. Più o meno il 65% è di produzione italiana e, di questo, la stragrande maggioranza — come dichiarato da Garbelotto — è costituito da parquet prefinito.
Il “legname di guerra” non può essere certificato
Oltre ai problemi di importazione, il legno proveniente da Russia e Bielorussia viene oggi identificato come “legname di guerra”. Così, infatti, viene definito da una delle risoluzioni dell’ONU approvate lo scorso marzo. «Il “legname di guerra” è definito come “legname che è stato commerciato ad un qualsiasi livello della catena di custodia da gruppi armati, siano essi fazioni ribelli o soldati regolari, oppure da una amministrazione civile coinvolta in conflitti armati o dai suoi rappresentanti, sia per perpetuare il conflitto sia per ottenere dei vantaggi in situazioni di conflitto per tornaconto personale» spiega il PEFC, l’organizzazione di certificazione internazionale per la gestione sostenibile delle foreste. Dunque il legno proveniente da quei due paesi non può essere certificato.
La guerra in Ucraina è solo l’ultimo colpo a un’industria già in difficoltà
L’impatto della guerra sull’industria del legno e del parquet è solo l’ultimo, gravissimo colpo a un settore già funestato — come tutta l’industria italiana — prima dalla pandemia e poi dal caro energia. Al punto da spingere Federlegno Arredo a mettere in piedi una task force dedicata alla crisi, che pubblica regolarmente due newsletter. Una di esse è tratta dell’emergenza-pandemia e l’altra dell’emergenza-guerra.
Secondo un’analisi stilata da Federlegno Arredo sull’impatto del conflitto sulla filiera nazionale del legno e dell’arredamento, ecco i numeri di ciò che verrà a mancare:
- 180.000 m3 all’anno di segati di conifere. Sono adoperati nei pannelli per l’edilizia, per i pavimenti, per le porte e per le finiture. Inoltre si usano anche come pannelli compensati, per i pellet e come legna da ardere.
- 70.000 m3 di compensati di betulla dalla Russia. Sono utilizzati per i pavimenti, gli imballaggi industriali e gli arredi.
- 20.000 m3 di segati di conifere e oltre 15.000 m3 di compensati di conifera e latifoglia dalla Bielorussia.
«Le peculiarità e la qualità di alcuni prodotti realizzati dalla nostra filiera (ad esempio pavimenti a base legno e casse pieghevoli) si trovano a non aver più disponibilità di semilavorati idonei a garantire le proprietà prestazionali e qualitative dei loro prodotti finiti. Le nostre aziende oltre a perdere una cospicua quota di fatturato rischiano di perdere in competitività verso i concorrenti esteri soprattutto rispetto a quelli cinesi che acquisteranno a prezzi favorevoli i prodotti che il mercato europeo non acquista più» avverte la relazione.
Il problema è a livello europeo
La crisi non è solo nazionale. CEI-Bois, la confederazione europea delle industrie che lavorano in legno, è ugualmente preoccupata. In un comunicato rilasciato lo scorso marzo, si avverte che «il divieto commerciale causerà gravi conseguenze per l’offerta del mercato europeo. Secondo le statistiche ufficiali, poco meno del 10% del legno tenero segato consumato in Europa nel 2021 proveniva da Russia, Bielorussia e Ucraina. Nel settore del legno duro, i prodotti in quercia originari dell’Ucraina costituivano una quantità significativa. Si prevedono quindi carenze».