Il parquet in iroko
Conoscere le varie essenze del legno è fondamentale per scegliere il parquet adatto. Ciascuna di loro ha diverse caratteristiche, estetiche e meccaniche, che possono adattarsi o meno agli ambienti o ad eventuali usi particolari. Stavolta scopriamo il parquet in iroko.
Da dove viene il parquet in iroko
Alberi di Milicia Excelsa, in Uganda – foto: Fenrith (fonte: commons.wikimedia.com)
L’iroko è tipico dell’Africa equatoriale e cresce spontaneamente dalla costa occidentale a quella orientale. Le piante da cui si ricava il legno sono la Chlorophora excelsa e la Chlorophora regia (o Milicia excelsa e Milicia regia), che appartengono alla famiglia delle Moraceae, di cui fanno parte anche l’albero del pane, il gelso e il fico.
La Chlorophora ha un fusto eretto che raggiunge un’altezza circa di 45-50 metri e un diametro tra 1 e 2 metri.
L’iroko viene chiamato con molti nomi: Semli, Odoum, Rokko, Oroko, Abang, Mandji, Mereira, Kambala, Mvule, Lusanga, Mokongo, Molundu, Mvuli, Tule mufala.
Per via della sua somiglianza con il più conosciuto teak, viene denominato anche teak africano o teak nigeriano, sebbene non appartenga alla stessa famiglia. Tuttavia sono entrambi considerati legni “grassi”, a bassa porosità e resistenti all’umidità senza troppi trattamenti specifici e manutenzione. Essendo meno costoso, l’iroko viene spesso proposto come alternativa più economica del teak.
L’alburno (la parte legnosa più giovane del tronco, quella che si trova subito sotto la corteccia) ha un colore che tende al giallo. Il durame (la porzione più interna del tronco, detta “cuore del legno”) presenta tinte alternate con striature chiare e scure. Si scurisce dopo la stagionatura, e arriva a una colorazione marrone-grigio scuro.
Come viene utilizzato l’iroko
Trattandosi di un legno ad alta durezza e resistenza, è molto usato dalle popolazioni africane per costruire case, pontili e manufatti tipici come le maschere sacre o strumenti musicali (ad esempio lo djembe). Si adopera anche per la realizzazione della txalaparta, uno strumento musicale basco, oltre che per arredi nautici, mobili da giardino e ovviamente parquet.
Inoltre le foglie e le cortecce sono impiegate in decotti e infusi.
Secondo la religione animista del popolo Yoruba, diffuso nell’Africa centro-occidentale, tra Nigeria, Benin, Togo e Sierra Leone, gli alti alberi di Iroko sono abitati da spiriti. In cima alle piante, nella cosiddetta canopia, vivrebbero delle divinità chiamate Uomini-Iroko, mentre nei tronchi vi sarebbero altri spiriti che hanno la funzione di tenere gli Uomini-Iroko lontani da terra e dalla gente comune. Chi dovesse imbattersi faccia a faccia con la divinità, infatti, sarebbe destinato a impazzire. Proprio per questo motivo, abbattere le piante è considerato sacrilego e presagio di sfortuna. Le leggende raccontano anche che nelle navi e nelle abitazioni con arredi o pavimenti in iroko può capitare di sentire scricchiolii e “voci”: sarebbero gli spiriti intrappolati nel legno.
I pregi del parquet in iroko
- Ha una durezza e una resistenza particolarmente elevate, quindi è perfetto per pavimenti ad alto traffico, anche riscaldati.
- Ritiro e dilatazione sono molto contenute e la resistenza alle escursioni termiche è molto buona.
- Assorbe poco l’umidità. È particolarmente indicato per pavimentazioni esterne, mobili del bagno, serramenti, costruzioni nautiche e parquet posati in zone umide.
- Nonostante la durezza, la struttura legnosa è malleabile durante la lavorazione.
I difetti del parquet in iroko
- Ha una bassa resistenza agli urti e ai graffi.
- Tende a ossidarsi facilmente.
Il trattamento del parquet in iroko
Trattandosi di un legno “grasso” occorre prestare molta attenzione alla finitura. In rete si trovano consigli di ogni tipo, che dicono tutto e il contrario di tutto.
Le miglior soluzione è informarsi presso il proprio posatore di fiducia che, da professionista quale è, saprà dare il parere migliore.
Tra i prodotti della gamma Solid di Renner Italia tutte le vernici all’acqua si possono utilizzare su parquet in iroko. È consigliato tuttavia l’impiego di una prima mano di fondo isolante all’acqua SolidBase, che va catalizzato al 10% con l’induritore Solid2K. Questo serve a migliorare sia il risultato estetico sia l’aggrappaggio del ciclo di lavorazione. Successivamente possono essere utilizzate le vernici SolidZero, SolidNature, SolidClassic e SolidCrystal, che si differenziano tra loro in base ai gloss, cioè la brillantezza.